I migliori depuratori d acqua domestici altroconsumo

Lunedì scorso è stata resa nota un’indagine di Altroconsumo secondo la quale filtrare l’acqua del rubinetto ha un notevole impatto ambientale perché servono tre litri di acqua potabile per ottenerne uno filtrato. E non comporta vantaggi economici. La tesi sostenuta da Altroconsumo, giustificata da un’analisi di 18 campioni d’acqua, è la seguente: "La filtrazione domestica non rende potabile un’acqua che già lo è, come quella dell’acquedotto che arriva nelle nostre case. Gli impianti di depurazione nei rubinetti a casa, al contrario, spesso tendono a peggiorarla, addolcendola troppo e talvolta immettendo batteri non presenti prima della filtrazione. Con effetti di spreco inammissibili, data l’emergenza idrica: per ottenere un litro di acqua filtrata a casa, se ne utilizzano ben tre di acqua potabile, sprecandoli".

Help Consumatori ha ricevuto e pubblica integralmente la risposta di Lorenzo Conti, presidente dell’Associazione Acque di Qualità.

"Come rappresentante dei principali costruttori di sistemi di purificazione dell’acqua potabile, mi sento in dovere di rispondere ai concetti esposti da Altroconsumo, nell’ambito dell’inchiesta sui filtri domestici.

L’inchiesta si basa principalmente su due punti: il primo secondo il quale "filtrare l’acqua del rubinetto di casa è una spesa e uno spreco" ed il secondo che individua nei purificatori mal gestiti dei potenziali ricettacoli di batteri.

Nel primo caso si identifica lo spreco nel fatto che, per ottenere un litro di acqua filtrata ne servono tre. L’informazione non è corretta: i filtri non scartano l’acqua, sono solo i sistemi ad osmosi inversa che, eliminando un’ampia varietà di contaminanti, necessitano di uno scarto, il cosiddetto concentrato che porta via con sè le sostanze rimosse. Questo scarico non rappresentauna negatività ma il vantaggio di mantenere le membrane osmotiche pulite ed efficienti nel tempo.

Sarebbe bello poter eliminare questo scarto, ma la tecnologia è ancora lontana da questo traguardo, così come lo è pensare ad un automobile che non consuma nulla. Ogni tecnologia ha un piccolo prezzo da pagare, senza che per questo si debba ingenerare un concetto di inutilità. In questo caso il forte impatto ambientale è determinato dal consumo di c.a. 20 litri giorno che il purificatore d’acqua può determinare in una famiglia di 4 persone. Questo consumo è piuttosto irrisorio se paragonato ad un rubinetto che resta aperto o alla lavatrice che viene utilizzata a mezzo carico, al punto che con banali accorgimenti si possono recuperare facilmente i litri "sprecati". Di fatto poi, a livello economico, la spesa è assolutamente irrilevante: mille litri d’acqua costano c.a. 1 euro, a livello morale l’acqua non deve essere sprecata laddove scarseggia, mentre in molte zone del nord Italia la falda acquifera cresce inesorabilmente.

Analizzando le abitudini della stragrande maggioranza degli italiani, si riscontra che nel momento in cui desiderano dissetarsi, non aprono il rubinetto di casa preferendo la bottiglia di "minerale". Le bottiglie utilizzate per uso domestico sono normalmente in materiale plastico, il quale determina un forte impatto ambientale nel momento in cui dovrà essere smaltito, di solito sotterrato o incenerito. Proviamo ad immaginare oltre allo smaltimento delle diverse migliaia di tonnellate di plastica l’anno, l’ulteriore impatto prodotto dai camion destinati al trasporto delle bottiglie, dalle fonti ai market e dopo l’utilizzo per lo smaltimento. Per questo motivo l’osservazione dell’indagine induce in un grosso errore di valutazione; di fatto il purificatore d’acqua si rivela il miglior alleato dell’ambiente eliminando i danni sopracitati e riavvicina gli Italiani all’acqua del rubinetto.

La qualità dei nostri acquedotti è sicuramente buona, anche se gli italiani, nella stragrande maggioranza dei casi, per l’acqua da bere utilizzano quella in bottiglia o si affidano ad un sistema di trattamento. Il paragone economico secondo il quale un purificatore d’acqua è antieconomico rispetto all’acqua del rubinetto, appare fuori luogo; si sarebbe dovuto confrontare la spesa per l’acqua in bottiglia e quella per un filtro, così facendo si sarebbe fornito un termine di paragone più calzante, fermo restando che i pochi che preferiscono quella di rubinetto, sosterranno realmente una spesa di pochi euro l’anno.

Non volendo abusare dello spazio gentilmente concessomi non entro nel merito di altre affermazioni di pura fantasia secondo cui i filtri addolciscono troppo (magari lo facessero!!), che per togliere il cloro e sufficiente tappare la bottiglia e metterla in frigorifero.

Ma la vera banalità è rappresentata dal concetto secondo il quale gli impianti, in caso di cattiva manutenzione, diventano ricettacolo di batteri. Qualsiasi prodotto se mal conservato o mantenuto aumenta al suo interno la carica batterica: il surgelato, la carne, il pesce e la famosa bottiglia di vetro riempita con acqua del rubinetto che, se non viene cambiata spesso e lavata bene, diventa ricettacolo di batteri.

Se l’obiettivo era quello di aiutare i consumatori nella scelta, lo scopo è stato mancato; l’invito a non installare tali sistemi non aiuta nè l’ambiente nè i cittadini a riavvicinarsi al rubinetto. Buona parte degli italiani non vuole bere cloro, così come altre sostanze che in alcuni casi sono, indipendentemente dall’egregio lavoro svolto dai gestori degli acquedotti, presenti nelle falde.
Allora brindiamo all’ambiente, con un buon bicchiere di acqua microfiltrata, che non produce rifiuti e tranquillo Altro Consumo, i sistemi di purificazione che si vendono in Italia sono regolamentati ed in buona parte approvati dal nostro Ministero della Salute che primo in Europa si è "preso la briga" di stendere uno specifico Decreto . Ogni tanto bisognerebbe riconoscere i valori delle nostre istituzioni e delle imprese che producono nel nostro paese tecnologie d’avanguardia."


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