Il signore è il mio pastore turoldo

Russia is waging a disgraceful war on Ukraine.     Stand With Ukraine!

  • Artista: David Maria Turoldo
  • Traduzioni: Spagnolo

Italiano

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Salmo 22 (23) Il Signore è il mio pastore

Il Signore è il mio pastore, nulla manca ad ogni mia attesa.

In verdissimi prati mi pasce, mi disseta a placide acque.

È il ristoro dell’anima mia, in sentieri diritti mi guida

per amore del santo suo nome, dietro a lui mi sento sicuro.

Pur se andassi per valle oscura non avrò a temere alcun male

perché sempre mi sei vicino, mi sostieni col tuo vincastro.

Quale mensa per me tu prepari sotto gli occhi dei miei nemici!

E di olio mi ungi il capo, il mio calice è colmo di ebbrezza.

Bontà e grazia mi sono compagne quanto dura il mio cammino;

io starò nella casa di Dio lungo tutto il migrare dei giorni.

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    Il signore è il mio pastore turoldo

    Il Signore è il mio pastore:

    nulla manca ad ogni attesa;

    in verdissimi prati mi pasce,

    mi disseta a placide acque.


    È il ristoro dell'anima mia,

    in sentieri diritti mi guida,

    per amore del santo suo nome,

    dietro lui mi sento sicuro.


    Pur se andassi per valle oscura

    non avrò a temere alcun male:

    perché sempre mi sei vicino,

    mi sostieni col tuo vincastro.

    Quale mensa per me tu prepari

    sotto gli occhi dei miei nemici!

    E di olio mi ungi il capo:

    il mio calice è colmo di ebbrezza!


    Bontà e grazia mi sono compagne

    quanto dura il mio cammino:

    io starò nella casa di Dio

    lungo tutto il migrare dei giorni.

    Davide Maria Turoldo.

    Il testo di questo canto molto noto è una rilettura del Salmo 22(23) scritta nel 1973 da Padre Davide Maria Turoldo. Religioso e poeta appartenente all’Ordine dei Servi di Maria. Affetto da un tumore al pancreas, morì a Milano il 6 febbraio 1992; il 2 febbraio, al termine della Santa Messa domenicale, si era congedato dai fedeli con la frase: «la vita non finisce mai!». La musica è di Ismaele Passoni e l’armonizzazione è di Gian Mario Enrico Bosi. 

    Il Salmo è tutto pervaso di fiducia, in cui il Salmista esprime la sua certezza di essere guidato e protetto, messo al sicuro da ogni pericolo, perché il Signore è il suo pastore. Si tratta del Salmo 23 - secondo la datazione greco latina 22 - un testo amato da tutti. «Il Signore è il mio pastore: non manco di nulla». L’immagine richiama un’atmosfera di confidenza, intimità, tenerezza: il pastore conosce le sue pecore una per una, le chiama per nome ed esse lo seguono perché lo riconoscono e si fidano di lui. Nulla può mancare se il pastore è con loro. «Su pascoli erbosi mi fa riposare,ad acque tranquille mi conduce. Rinfranca l’anima mia, mi guida per il giusto cammino a motivo del suo nome». La visione che si apre ai nostri occhi è quella di prati verdi e fonti di acqua limpida, oasi di pace verso cui il pastore accompagna il gregge, simboli dei luoghi di vita verso cui il Signore conduce tutti noi. Quando poi il viandante riparte, la protezione divina si prolunga e lo accompagna nel suo viaggio: «Sì, bontà e fedeltà mi saranno compagne tutti i giorni della mia vita, abiterò ancora nella casa del Signore per lunghi giorni»

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    Il testo di questo canto notissimo è una rilettura del salmo 22(23) scritta nel 1973 da padre Davide Maria Turoldo (Coderno 1916 – Milano 1992), religioso e poeta appartenente all'Ordine dei Servi di Maria. È ritenuto da alcuni uno dei più rappresentativi esponenti del cambiamento del cattolicesimo italiano nella seconda metà del Novecento, il che gli è valso il titolo di «coscienza inquieta della Chiesa». Molto attivo all’epoca della Resistenza antifascista, amico di Pierpaolo Pasolini, poeta fascinoso è autore di varie raccolte di liriche, tra cui Io non ho mani (1948) Gli occhi miei lo vedranno (1942), che gli varranno una sorta di condanna da parte del Sant’Uffizio, insospettito per il suo pensiero troppo liberale nel concedere spazio alla coscienza e per il suo aperto sostegno all’opera ancora incompresa di don Zeno Saltini; fu, perciò, allontanato dall’Italia e costretto a vagare tra diverse case dell’Ordine, in Austria, Baviera, Inghilterra, Stati Uniti, Canada. Una volta rientrato in Italia curò rubriche fisse su vari giornali e riviste, denunciando ogni forma di sopruso, soprattutto istituzionale ed economico, e si fece voce degli oppressi, soprattutto di quelli più emarginati, per la libertà e la giustizia. Nel 1974, in occasione del referendum abrogativo della legge sul divorzio, si schierò per il No, a favore dell'abrogazione, di fatto disobbedendo ai vescovi italiani e al Papa.  Affetto da un tumore al pancreas, morì a Milano il 6 febbraio 1992; il 2 febbraio, al termine della messa domenicale, si era congedato dai fedeli con la frase: «la vita non finisce mai!». Presiedette le esequie il cardinale Carlo Maria Martini, che, qualche mese prima della morte, gli aveva consegnato il primo Premio Giuseppe Lazzati, affermando la propria opinione secondo la quale «La Chiesa riconosce la profezia troppo tardi».

    La musica è di Ismaele Passoni e l’armonizzazione è di Gian Mario Enrico Bosi.

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