Il datore di lavoro non mi fa lavorare

  • CHE COS’E’ IL MOBBING
  • COME E PERCHÈ NASCE IL MOBBING?
  • COME SI RICONOSCE IL MOBBING?
  • ESEMPI DI COMPORTAMENTI VESSATORI
  • CHE COS’E’ IL BOSSING?
  • QUALI SONO LE CONSEGUENZE DEL MOBBING?
    • GLI EFFETTI SUL MOBBIZZATO
    • GLI EFFETTI SULL’AZIENDA
  • LE LEGGI E LA NORMATIVA SUL MOBBING
  • MOBBING SUL LAVORO: COME TUTELARSI
  • COSA FARE IN PRATICA

Che cos’è il mobbing? Come riconoscerlo? Quali sono le sue conseguenze? Come tutelarsi? Ecco tutte le informazioni utili su questa importante tematica del mondo del lavoro.

CHE COS’E’ IL MOBBING

Prima di tutto è fondamentale conoscere il significato del termine “Mobbing“. L’etimologia della parola risale al verbo inglese [to] mob, cioè «assalire, molestare». Quindi con Mobbing si intende i comportamenti violenti che un gruppo rivolge ad un suo membro. In relazione all’ambito lavorativo, è definito come una forma di terrore psicologico sul posto di lavoro, esercitata attraverso comportamenti aggressivi e vessatori ripetuti, da parte di colleghi o superiori. In poche parole, un atteggiamento che impedisce alla vittima di lavorare o di svolgere serenamente la propria attività. Tale comportamento può anche essere messo in atto da persone che abbiano una certa autorità sulle altre (ad esempio capi area, responsabili, direttori), in tal caso si parla di bossing.

Questa condizione di persecuzione psicologica sull’ambiente di lavoro ci è nota da più di un secolo. Infatti il primo a parlare di Mobbing è stato lo psicologo svedese Heinz Leymann già alla fine dell’800. In Italia, la tematica è stata introdotta dallo psicologo tedesco Harald Ege, che per primo nel 2002 ha pubblicato un metodo per identificare il fenomeno e i suoi danni tramite il riconoscimento di 7 parametri (il cosiddetto metodo Ege).

COME E PERCHÈ NASCE IL MOBBING?

La stessa logica che oggi ispira certi valori e criteri organizzativi può essere terreno fertile per la violenza psicologica. La competizione per il raggiungimento degli obiettivi e gli stimoli per migliorare la produzione possono essere dei punti di partenza di un atteggiamento negativo che può sfociare nel Mobbing. Ci sono poi da considerare anche altri aspetti non propriamente professionali, che rientrano nella sfera delle relazioni umane e delle loro varie sfumature (antipatia nei confronti della vittima, simpatia per colui/colei che potrebbe potenzialmente sostituire la vittima, etc.).

Il Mobbing avviene perchè nessuno lo impedisce. Gli spettatori non tentano di fermare chi mette in atto il Mobbing e, con il loro silenzio, lo favoriscono. Il motivo di tale comportamento è facilmente intuibile: la paura. Paura di essere coinvolti, di avere ritorsioni di qualche genere o addirittura di perdere il lavoro. Possiamo quindi dire che vi è una specie di omertà professionale che non solo favorisce la nascita del Mobbing, ma facilita anche la sua evoluzione.

COME SI RICONOSCE IL MOBBING?

Riconoscere il Mobbing non è semplice. In genere, per rientrare nella definizione di Mobbing le azioni compiute dovrebbero:

  • ripetersi per un lungo periodo di tempo;
  • reiterarsi in modo sistematico e continuato;
  • avere uno scopo preciso, quindi essere azioni intenzionali (magari anche premeditate).

Il mobbizzato (come viene definita la vittima) viene letteralmente accerchiato e aggredito volontariamente da aggressori (detti mobber) che mettono in atto strategie comportamentali volte alla sua distruzione psicologica, sociale e professionale. I rapporti sociali diventano conflittuali e sempre più rari, portando la vittima all’isolamento e all’emarginazione totale.

Ogni situazione è a sé stante, ma i vari casi hanno dimostrato che nel Mobbing esiste una costante: la vittima è sempre in una posizione inferiore rispetto ai suoi avversari. Ovviamente l’inferiorità non è legata all’intelligenza o alla cultura del mobbizzato, ma al suo status nel contesto lavorativo. Ed è proprio lo status ad essere intaccato per primo durante il periodo di tempo in cui si subisce Mobbing, un periodo in cui la vittima perde gradatamente la sua posizione iniziale.

Gli elementi che vengono meno sono:
– la sua influenza;
– il rispetto degli altri verso di lui/lei;
– il suo potere decisionale;
– l’entusiasmo nel lavoro;
– la fiducia in se stesso;
– gli amici;
– la salute;
– la sua dignità.

La vittima di queste vere e proprie persecuzioni si vede emarginata, calunniata, criticata. Le vengono affidati compiti dequalificanti: viene spostata da un ufficio all’altro oppure viene sistematicamente messa in ridicolo di fronte a clienti o superiori. Nei casi più gravi si arriva anche al sabotaggio del lavoro e ad azioni illegali. Lo scopo è sempre il medesimo: eliminare una persona divenuta in qualche modo “scomoda”, inducendola alle dimissioni volontarie o provocandone un motivato licenziamento.

ESEMPI DI COMPORTAMENTI VESSATORI

Per maggior chiarezza, di seguito degli esempi pratici di comportamenti vessatori:

  • sottrazione ingiustificata di incarichi o della postazione di lavoro;
  • dequalificazione delle mansioni a compiti banali (fare fotocopie, ricevere telefonate o compiti con scarsa autonomia decisionale);
  • rimproveri e richiami, espressi in privato ed in pubblico, anche per banalità;
  • dotare il lavoratore di attrezzature di lavoro di scarsa qualità o obsolete (arredi scomodi, ambienti male illuminati, pc mal funzionanti) così da rendere difficile lo svolgimento del lavoro;
  • interrompere il flusso di informazioni necessario per l’attività (chiusura della casella di posta elettronica, restrizioni sull’accesso a Internet);
  • continue visite fiscali in caso malattia.

CHE COS’E’ IL BOSSING?

Si definisce bossing quella forma di mobbing compiuto dai superiori o dai dirigenti dell’azienda, quasi sempre con lo scopo preciso di indurre il dipendente alle dimissioni. Viene chiamato anche mobbing verticale. Grazie al lavoro secolare dei sindacati, al giorno d’oggi i diritti dei lavoratori sono molto tutelati, quindi per un’azienda è difficile licenziare qualcuno senza problemi. Tuttavia, soprattutto in tempi di crisi, molte aziende sono costrette a ridurre il personale. In questi casi il bossing diventa un metodo per raggiungere gli obiettivi prefissati (licenziamento o riduzione del personale) senza interferenze da parte dei sindacati. Si può definire una vera e propria strategia aziendale.

QUALI SONO LE CONSEGUENZE DEL MOBBING?

Le conseguenze negative del Mobbing non coinvolgono solo la vittima, come verrebbe naturale pensare, ma vanno a intaccare l’azienda. Infatti i danni ricadono anche sulla serenità e produttività dell’ambiente in cui è consumato il Mobbing.

GLI EFFETTI SUL MOBBIZZATO

Partiamo dal punto di vista del mobbizzato: per la vittima le prime immediate conseguenze del Mobbing sono i problemi di salute legati alla somatizzazione della tensione nervosa. Tra i possibili sintomi troviamo:
– palpitazioni;
– tremori;
– difficoltà respiratorie;
– problemi di espressione;
– sudorazione fredda;
– dermatite e problemi cutanei;
– cefalea;
– gastriti e disturbi digestivi.

Un’altra sfera dell’esistenza che risente dello stress è il sonno: incubi, sonno interrotto, insonnia. La pressione psicologica, poi, può portare a disturbi più evidenti ed invasivi come:
– annebbiamento della vista;
– difficoltà di memoria e di concentrazione;
– capogiri e svenimenti.
Ansia, esaurimento nervoso, depressione, insonnia, nevrosi, isolamento sociale, attacchi di panico. Questi i risultati del Mobbing, che si espandono a macchia d’olio nelle altre sfere della vita del mobbizzato intaccando l’umore, le relazioni familiari e sociali, la capacità di affrontare le incombenze quotidiane, fino a incidere sulla voglia di continuare a vivere, portando anche al suicidio nei casi più gravi.

GLI EFFETTI SULL’AZIENDA

Per l’azienda il Mobbing ha effetti ugualmente devastanti, principalmente sul piano economico: se una persona è vittima di Mobbing le sue prestazioni lavorative saranno inferiori per via di tutti i disturbi sopra indicati. La mancanza di serenità sul posto di lavoro, sommata ai problemi di salute elencati, portano ad un minore rendimento della risorsa e quindi ad una perdita economica per l’azienda.

Inoltre, al di là delle questioni legate ai costi, per le aziende ci sono gravi conseguenze anche sul piano sociale: se i dipendenti si dimostrano scontenti delle condizioni di lavoro a cui sono sottoposti e ne parlano al di fuori delle mura aziendali, l’immagine della ditta ne risente inevitabilmente e la concorrenza può approfittarne.

LE LEGGI E LA NORMATIVA SUL MOBBING

Da diversi anni vengono presentati alcuni disegni di legge, ma nessuno di questi è mai stato approvato in legge. Dal punto di vista legale, quindi, in Italia non esiste una legislazione specifica relativa al mobbing, ma le azioni e le conseguenze del mobbing possono rientrare in altre fattispecie di reato. Non essendoci leggi apposite, per tutelare la vittima di Mobbing la legge italiana fa riferimento a diversi articoli della Costituzione, che accennano ai diversi comportamenti che caratterizzano il Mobbing e che rientrano in fattispecie contemplate da vai articoli del codice penale italiano, come l’abuso d’ufficio, percosse, lesione personale volontarie, atti persecutori (in inglese Stalking), ingiuria, diffamazione, abusi sessuali, minaccia, molestie.

Ad esempio, la più frequente azione da Mobbing consiste nel dequalificare il lavoratore per demotivarlo e costringerlo alle dimissioni. Sul piano giuridico, il demansionamento è vietato perché costituisce sempre lesione del diritto fondamentale alla libera esplicazione della personalità del lavoratore nel luogo di lavoro, tutelato dagli art. 1 e 2 della Costituzione. Quindi il danno che ne deriva è suscettibile di risarcimento.

A parte le norme generali a tutela della persona (contenute nell’art. 2 e 3 della Costituzione), vi sono anche altre norme che tutelano l’individuo nella realtà lavorativa, ad esempio:
– Art. 32, che riconosce la tutela della salute come diritto fondamentale dell’uomo;
– Art. 35, che prevede la tutela del lavoro in tutte le sue forme;
– Art. 41, che vieta lo svolgimento della attività economica privata se esercitata in contrasto con l’utilità sociale o qualora rechi danno alla sicurezza, alla libertà ed alla dignità umana.
Inoltre, la legge italiana disciplina anche il risarcimento del danno biologico, cioè la lesione dell’integrità fisica della persona (ad esempio i danni alla salute), situazione molto frequente in casi di Mobbing. Sono invece maggiori le difficoltà per ottenere il risarcimento del danno morale, poiché più complesso da dimostrare.

Altro aspetto disciplinato dal Legislatore ed importante ai fini del Mobbing, è costituito dalla normativa in tema di sicurezza sul lavoro, dettata dal decreto legislativo n. 81/2008. La materia della sicurezza sul lavoro cita indirettamente il tema del Mobbing, poiché definisce il concetto di “salute del lavoratore” come “assenza di malattia o d’infermità”, ma anche come “uno stato di completo benessere fisico, mentale e sociale”. Partendo da questo presupposto, il datore di lavoro ha l’obbligo, non solo di non evitare condotte negative che possano minare alla salute psico-fisica del lavoratore, ma anche di creare un ambiente lavorativo sereno così da prevenire e proteggere la salute e la sicurezza di quest’ultimo.

MOBBING SUL LAVORO: COME TUTELARSI

A chi può rivolgersi una persona che subisce mobbing? In Italia purtroppo non esistono centri di competenza in grado di supportare un lavoratore vittima di vessazioni sul lavoro, quindi il mobbizzato può trovare sostegno in amici, parenti, colleghi etc., ma difficilmente troverà un supporto professionale. La soluzione ideale sarebbe offrire all’interessato sostegni utili per affrontare la situazione: un supporto di tipo sociale e uno di tipo legale.

COSA FARE IN PRATICA

Cosa è consigliato fare in caso di Mobbing? Rivolgersi ad un legale per avere una consulenza e rivolgersi ad enti di supporto, se sono presenti nella propria città. Ad esempio alcune Organizzazioni Sindacali offrono un sostegno in termini di consulenza e anche di assistenza legale. Esistono anche studi giuslavoristi specializzati in mobbing e discriminazioni lavorative. In caso di reati penali è indispensabile rivolgersi ad un Avvocato penalista.

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Il datore di lavoro non mi fa lavorare

Il datore di lavoro non mi fa lavorare

Cosa succede se il datore di lavoro non mi fa lavorare?

Insomma se il datore non ti fa lavorare e ti condanna a una forzosa inattività è responsabile. Responsabilità che comporta ovviamente l'obbligo del risarcimento del danno nei confronti del dipendente.

Quando si può denunciare il datore di lavoro?

Sicché il datore di lavoro può querelare il dipendente quando questi commette dei reati, all'interno o all'esterno dell'azienda, che possano ledere il patrimonio o la reputazione del datore stesso. L'imprenditore deve quindi essere la vittima del reato, non potendosi sostituire ad altri nella querela.

Chi chiamare per problemi sul lavoro?

I soggetti a cui ci si può rivolgere in caso di problemi al lavoro sono, essenzialmente, due: il sindacato; l'avvocato esperto in diritto del lavoro.

Come fare causa al proprio datore di lavoro?

Se si decide di fare causa al datore di lavoro bisogna farsi assistere da un avvocato che , preliminarmente, inoltrerà una lettera di diffida al datore di lavoro contestandogli le sue inadempienze con l'invito a provvedere a corrispondere quanto dovuto in un certo termine.