Il gatto e la volpe pinocchio frasi

Il gatto e la volpe
credendo
d' essere furbi
infinocchiando
Pinocchio
i soldi
intascarono,
ma dimenticando
la fata,
fatina
buona,
buonissima,
amica diletta
del pupo di legno,
da un ceppo
venuto
dal Geppetto
falegname
mastro
di rispetto,
maledetti
da lei,
nel fuggir
a manca
e a dritta,
i soldi
dalle tasche
uscendo,
tornarono
al proprietario
legittimo,
e con essi
finalmente
comprarsi
un bel
abecedario
ed istruirsi
a dovere
potette
da diventar
finalmente
bimbo
vero
e diligente.

Le avventure di Pinocchio – Carlo Collodi

“C’era una volta…
Un re! – diranno subito i miei piccoli lettori.
No, ragazzi, avete sbagliato. C’era una volta un pezzo di legno.
Non era un legno di lusso, ma un semplice pezzo da catasta, di quelli che d’inverno si mettono nelle stufe e nei caminetti per accendere il fuoco e per riscaldare le stanze.”

“Allora entrò in bottega un vecchietto tutto arzillo, il quale aveva nome Geppetto…”

“Che nome gli metterò? – disse fra sé e sé – Lo voglio chiamar Pinocchio. Questo nome gli porterà fortuna.”

“Guai a quei ragazzi che si ribellano ai loro genitori e che abbandonano capricciosamente la casa paterna. Non avranno mai bene in questo mondo; e prima o poi dovranno pentirsene amaramente.”

“In questo mondo, fin da bambini, bisogna avvezzarsi abboccati e a saper mangiare di tutto, perché non si sa mai quel che ci può capitare. I casi son tanti!…”

“Non è il vestito bello che fa il signore, ma è piuttosto il vestito pulito.”

“E Pinocchio, sebbene fosse un ragazzo allegrissimo, si fece tristo anche lui: perché la miseria, quando è miseria davvero, la intendono tutti: anche i ragazzi.”

“Il giorno dipoi Mangiafoco chiamò in disparte Pinocchio e gli domandò:
– Come si chiama tuo padre?
– Geppetto.
– E che mestiere fa?
– Il povero.
– Guadagna molto?
– Guadagna tanto, quanto ci vuole per non avere un centesimo in tasca.”

“Ma non aveva fatto ancora mezzo chilometro, che incontrò per la strada una Volpe zoppa da un piede e un Gatto cieco da tutt’e due gli occhi, che se andavano là là, aiutandosi fra di loro, da buoni compagni di sventura.”

“Pinocchio, non dar retta ai consigli dei cattivi compagni: se no, te ne pentirai!”

“Cammina, cammina, cammina, alla fine sul far della sera arrivarono stanchi morti all’osteria del Gambero Rosso.”

“Non ti fidare, ragazzo mio, di quelli che promettono di farti ricco dalla mattina alla sera. Per il solito, o sono matti o imbroglioni! Dài retta a me, ritorna indietro.”

“Io dico che il medico prudente quando non sa quello che dice, la miglior cosa che possa fare, è quella di stare zitto.”

“Le bugie, ragazzo mio, si riconoscono subito, perché ve ne sono di due specie: vi sono le bugie che hanno le gambe corte, e le bugie che hanno il naso lungo: la tua per l’appunto è di quelle che hanno il naso lungo.”

“Rido di quei barbagianni, che credono a tutte le scioccherie e che si lasciano trappolare da chi è più furbo di loro.”

“A che serve accusare i morti?… I morti son morti, e la miglior cosa che si possa fare è quella di lasciarli in pace!”

“Bisogna persuadersi, ragazzo mio, replicò il Colombo, che quando la fame dice davvero e non c’è altro da mangiare, anche le veccie diventano squisite! La fame non ha capricci né ghiottonerie.”

“I veri poveri, in questo mondo, meritevoli di assistenza e di compassione, non sono altro che quelli che, per ragione d’età o di malattia, si trovano condannati a non potersi più guadagnare il pane col lavoro delle proprie mani. Tutti gli altri hanno l’obbligo di lavorare: e se non lavorano e patiscono fame, tanto peggio per loro.”

“L’uomo, per tua regola, nasca ricco o povero, è obbligato in questo mondo a far qualcosa, a occuparsi, a lavorare. Guai a lasciarsi prendere dall’ozio!”

“Tu m’hai fatto un gran servizio e in questo modo quel che è fatto è reso.”

“Bada Pinocchio! I ragazzi fanno presto a promettere: ma il più delle volte, fanno tardi a mantenere.”

“Si chiama il Paese dei Balocchi. Perché non vieni anche tu?”

“Caro mio – replicò la marmottina per consolarlo, – che cosa ci vuoi tu fare? Oramai è destino. Oramai è scritto nei decreti della sapienza, che tutti quei ragazzi svogliati che, pigliando a noia i libri, le scuole e i maestri, passano le loro giornate in balocchi, in giochi e in divertimenti, debbano finire prima o poi col trasformarsi in tanti piccoli somari.”

“E perché seguisti il consiglio di quel falso amico? di quel cattivo compagno?”

“Neppure io vorrei esser digerito – soggiunse il Tonno – ma io sono abbastanza filosofo e mi consolo pensando che, quando si nasce Tonni, c’è più dignità a morir sott’acqua che sott’olio!”

“A ogni modo se sarà scritto in cielo che dobbiamo morire, avremo almeno la gran consolazione di morire abbracciati insieme.”

“Erano il Gatto e la Volpe: ma non si riconoscevano più da quelli di una volta. Figuratevi che il Gatto, a furia di fingersi cieco, aveva finito coll’acciecare davvero: e la Volpe invecchiata, intignata e tutta perduta da una parte, non aveva più nemmeno la coda. Così è.”

“Se siete poveri, ve lo meritate. Ricordatevi del proverbio che dice: I quattrini rubati non fanno mai frutto. Addio, mascherine!”

“Addio, mascherine. Ricordatevi del proverbio che dice, La farina del diavolo va tutta in crusca.”

“Addio, mascherine! Ricordatevi del proverbio che dice: Chi ruba il mantello al suo prossimo, per il solito muore senza camicia.”

“Io avrò pietà del babbo e anche del figliuolo: ma ho voluto rammentarti il brutto garbo ricevuto, per insegnarti che in questo mondo, quando si può, bisogna mostrarsi cortesi con tutti, se vogliamo esser ricambiati con pari cortesia nei giorni del bisogno.”

“Bravo Pinocchio! In grazie del tuo buon cuore, io ti perdono tutte le monellerie che hai fatto fino a oggi. I ragazzi che assistono amorosamente i propri genitori nelle loro miserie e nelle loro infermità, meritano sempre gran lode e grande affetto, anche se non possono essere citati come modelli d’ubbidienza e di buona condotta. Metti giudizio per l’avvenire, e sarai felice.
A questo punto il sogno finì, e Pinocchio si svegliò con tanto d’occhi spalancati.
Ora immaginatevi voi quale fu la sua meraviglia quando, svegliandosi, si accorse che non era più un burattino di legno: ma che era diventato, invece, un ragazzo come tutti gli altri.”

“Dopo andò a guardarsi allo specchio, e gli parve d’essere un altro. Non vide più riflessa la solita immagine della marionetta di legno, ma vide l’immagine vispa e intelligente di un bel fanciullo coi capelli castagni, cogli occhi celesti e con un’aria allegra e festosa come una pasqua di rose.”

“Perché quando i ragazzi, di cattivi diventano buoni, hanno la virtù di far prendere un aspetto nuovo e sorridente anche all’interno delle loro famiglie.”

“Pinocchio si voltò a guardarlo; e dopo che l’ebbe guardato un poco, disse dentro di sé con grandissima compiacenza:
– Com’ero buffo quand’ero un burattino! e come ora son contento di essere diventato un ragazzino perbene!”

Cosa dicono il gatto e la volpe a Pinocchio?

— ripeté il Gatto. — Che brave persone! — pensò dentro di sé Pinocchio: e dimenticandosi lì sul tamburo, del suo babbo, della casacca nuova, dell'Abbecedario e di tutti i buoni proponimenti fatti, disse alla Volpe e al Gatto: — Andiamo subito, io vengo con voi.

Come si chiama il gatto di Pinocchio?

Figaro è un personaggio secondario della Banda Disney, creato da The Walt Disney Company. È un gattino bianco e nero, apparso per la prima volta nel film Pinocchio.

Cosa le diceva Pinocchio?

Pinocchio diceva tante bugie che, come si sa, hanno le gambe corte. Ciò è vero, oltre che proverbialmente, anche fisicamente, perché cominciamo a mentire quando le nostre gambe sono poco sviluppate, a circa quattro anni. Prima di questa età è impossibile dire bugie, perché non conosciamo cosa sia il vero.

Quante erano le monete di Pinocchio?

Il burattinaio Mangiafuoco regalò cinque zecchini d'oro a Pinocchio: avrebbe dovuto consegnarli nelle mani del suo povero babbo Geppetto. Pinocchio però si lasciò abbindolare dal Gatto e la Volpe: li seminò con la speranza di veder spuntare un albero pieno di monete d'oro.