Percentuale di incontinenza dopo prostatectomia robotica da vinci

L'incontinenza post-prostatectomia (PPI) è una fastidiosa complicazione della prostatectomia radicale per il tumore alla prostata. Sebbene la maggior parte degli uomini guarisca, alcuni continuano ad avere incontinenza urinaria persistente, alla quale si può far fronte con delle terapie mirate. È inutile negare che l’incontinenza abbia un impatto negativo sulla qualità della vita dell’uomo, il quale mal si adatta a dover utilizzare assorbenti, per il resto della vita. Fortunatamente la percentuale che soffre di questo disturbo post operazione è di circa 5-10% e nella maggioranza di questi casi, l’incontinenza migliora entro 6-12 mesi. Di questi, solo il 5% circa dovrà ricorrere agli assorbenti.

L’incontinenza post operazione

Perché si verifica un incontinenza a seguito della prostatectomia? L’urina si raccoglie nella vescica, dalla vescica percorre l’uretra, il canale che porta l’urina all’esterno. A regolare la minzione ci sono gli sfinteri, muscoli che essendo presenti anche nel tratto di uretra che attraverso la prostata, vengono asportati totalmente con la Prostatectomia e causando i problemi di incontinenza. In sostanza a seguito dell’asportazione il paziente si trova con un tratto di sfintere più breve che talvolta non è sufficiente a bloccare l’urina.

Come avviene la riabilitazione

La ripresa della continenza urinaria dopo la rimozione del catetere vescicale, avviene gradualmente e in modo progressivo. L'esercizio muscolare del pavimento pelvico è il trattamento conservativo più comune per l'incontinenza urinaria dopo prostatectomia radicale. La gestione conservativa è dunque fondamentale ma in cosa consiste? In generale include la limitazione dell'assunzione di liquidi, in particolare di notte; evitare sostanze riconosciute irritanti della vescica, come caffeina e alcool. Esercitarsi regolarmente con esercizi specifici del pavimento pelvico. Se questi interventi non risolvono il problema è contemplato l’uso di farmaci, elettrostimolazione nervosa, agenti di riempimento o la chirurgia.

Esercitazioni sul pavimento pelvico e modifiche comportamentali

Gli esercizi del pavimento pelvico, chiamati anche esercizi di Kegel, consistono in contrazioni volontarie intermittenti del muscolo dello sfintere uretrale. Lo scopo di questi esercizi è quello di rafforzare i muscoli volontari del pavimento pelvico. Devono essere iniziati 2-3 settimane dopo l'intervento e possono prevedere le seguenti tecniche riabilitative:

  • Terapia comportamentale.
  • Chinesiterapia.
  • Elettrostimolazione.
  • Biofeedback.
  • Farmacologica.
  • Chirurgica.

Terapia comportamentale

Le abitudini alimentari si possono modificare per modificare la quantità e la tipologia di liquidi che si assumono giornalmente. Alcune bevande come tè e caffè o bevande effervescenti, sono classificate come irritanti vescicali; diminuire il consumo o ridistribuirlo può ridurre le perdite. Una attenta analisi delle scorrette abitudini del paziente gli consente di avere comportamenti idonei e alternativi. Il successo del trattamento dipende dalle capacità del paziente e soprattutto dalla sua motivazione a cambiare le abitudini sbagliate. In questa sede ci si concentra su:

  • Peso corporeo
  • Riduzione/abolizione fumo
  • Riduzione assunzione di caffeina
  • Minzioni programmate (ogni 2 ore)
  • Prevenire e trattare la stipsi

Chinesiterapia perineale

Anche in questo caso si lavora su esercizi il cui obiettivo è quello di far prendere coscienza, allenare e usare i muscoli del perineo. Tutti gli esercizi sono preceduti da tecniche di rilassamento concentrazione e respirazione diaframmatica.

Elettrostimolazione del pavimento pelvico

Con questa tecnica si utilizza un elettrostimolatore a corrente elettrica alternata bifasica con il quale vengono stimolati i muscoli del pavimento, per via rettale.
I principali obiettivi sono:

  • Favorire il recupero di forza, resistenza, tono e trofismo muscolare
  • Ridurre o eliminare sintomi dolorosi
  • Inibire l'attività vescicale nel caso di urgenza.

I genere è una terapia ben tollerata ma non è adatta a tutti i casi, ad esempio un portatore di pacemaker, o una malato di epilessia non possono praticarlo.
Biofeedback
Il biofeedback è stato utilizzato in aggiunta alla terapia muscolare del pavimento pelvico, il grosso vantaggio di questa tecnica è che consente al paziente di sapere quando fa la cosa giusta. In pratica si insegna al paziente, medianti stimoli visivi, a riconoscere i movimenti involontari legati alla vescica e rendendoli volontari. Questa consapevolezza, migliora il controllo della vescica e dell'intestino.

Farmacoterapia

Non esiste un trattamento farmacologico specifico. La terapia farmacologica della incontinenza urinaria prevede l’impiego di farmaci antimuscarinici o beta-agonisti che riducono le contrazioni non inibite, del muscolo della vescica. L’efficacia di questi farmaci è stata ampiamente documentata.

Chirurgica

Nei casi che non rispondono alle terapie tradizionali può essere utilizzato un dispositivo di compressione uretrale esterno, o fascetta. Questo dispositivo comprime l'uretra che a sua volta, comprime anche la vascolarizzazione del pene creando un supporto che determina un miglioramento delle perdite nella maggior parte dei casi. Oppure si può ricorrere ad uno sfintere artificiale che funge da nuovo sfintere e può essere comandato direttamente dal paziente.

Conclusioni

Se siete interessati a valutare la vostra situazione, il Dottor Salvatore Smelzo è un Urologo specializzato in Chirurgia mininvasiva Laparoscopica e Robotica presso la Clinique Saint Augustin di Bordeaux (Francia). Membro della Società Italiana di Urologia (SIU) e della Società Europea di Urologia è anche autore di pubblicazioni scientifiche. Inoltre il Dottor Smelzo si occupa di Onco-urologia, cioè si occupa della diagnosi e della cura dei tumori del tratto urinario maschile e femminile e di quelli a carico dell’apparato riproduttivo maschile. Il percorso riabilitativo è lungo ed impegnativo, affrontarlo con le giuste indicazioni e le giuste motivazioni è fondamentale per ottenere una ripresa soddisfacente.

Quanto tempo dura incontinenza dopo prostatectomia radicale?

Molti pazienti, a tre mesi dall'intervento, manifestano problemi di incontinenza urinaria, dato che diminuisce trascorso un anno dall'operazione. La ragione è semplice: alterazioni anatomiche post-intervento modificano la normale fisiologia della minzione e comportano una riduzione della continenza urinaria.

Come curare leggera incontinenza dopo prostatectomia radicale?

La riabilitazione nel post-intervento La richiesta più corretta per ottenere la contrazione è quella di trattenere le urine, richiesta che indirizza la contrazione ad un reclutamento più anteriore del pavimento pelvico e quindi più “vicino” alla funzione da recuperare.

Quanto tempo occorre per riprendersi dall'intervento della prostata?

Il periodo di convalescenza è di circa un mese in cui evitare attività sportive, stress fisici e seguire un'alimentazione adeguata. In caso di febbre, ritenzione d'urina, dolori, o comparsa di sangue nelle urine è bene rivolgersi al reparto di urologia di riferimento.

Chi è stato operato alla prostata può avere rapporti sessuali?

Quando riprendere l'attività sessuale? Prima di controllare e testare la funzione erettile è necessario attendere tre o quattro settimane dopo l'intervento. Ad un mese dalla prostatectomia infatti, si consiglia di riprendere l'attività sessuale.