Il tenesmo vescicale consiste in una contrazione spasmodica, spesso dolorosa, dello sfintere vescicale accompagnata da stimolo all’emissione di urina anche senza evacuazione o con evacuazione di modiche quantità. Le patologie che possono risultare associate al tenesmo vescicale sono le seguenti: Si ricorda che l’elenco non è esaustivo ed è sempre bene chiedere consulto al proprio medico. La terapia mirata al trattamento del tenesmo vescicale è legata in modo sostanziale alla causa che ne è all’origine (neoplasie,
cistite, prostatite, ecc). È sempre bene evitare rimedi “fai da te” e rivolgersi al medico di fiducia. È bene inoltre non sottovalutare mai l’insorgere del disturbo. Nel caso si sia già ricevuta la diagnosi o si sia a rischio di una delle patologie associate a questa condizione (vedi elenco patologie associate).
Diverse sono le cause che possono essere alla base del tenesmo vescicale: cistiti, prostatiti, calcolosi urinaria, affezioni dell’apparato urinario,
patologie che coinvolgono la prostata.
Può essere accompagnato da bruciore localizzato, soprattutto all’atto della minzione, da dolore e/o senso di tensione a livello della vescica, pollachiuria (aumento esagerato della frequenza delle minzioni senza che necessariamente aumenti il volume complessivo dell’urina emessa), stranguria (minzione dolorosa associata a tenesmo con emissione difficoltosa di urina), nicturia (condizione
caratterizzata da frequenti minzioni notturne).Quali malattie si possono associare a tenesmo vescicale?
Quali sono i rimedi contro tenesmo vescicale?
Con il tenesmo vescicale quando rivolgersi al proprio medico?
L’iperplasia prostatica benigna (IPB) è una patologia caratterizzata dall’aumento di volume della ghiandola prostatica, condizione che può comprimere il canale uretrale, causandone una parziale ostruzione e interferendo con la capacità di urinare. Tale ingrossamento, molto comune tra gli uomini a partire già dai quarant’anni di età, non deve allarmare perché si tratta di una patologia benigna e reversibile.
Ce lo spiega il dottor Gian Luigi Taverna, responsabile di Urologia in Humanitas.
Esiste una correlazione tra ingrossamento della prostata e carcinoma prostatico?
“L’ingrossamento progressivo della ghiandola prostatica, che avviene in tutti gli uomini a partire dalla fine della pubertà sotto l’azione degli ormoni maschili, non ha nulla a che vedere con il tumore della prostata”, rassicura l’urologo.
L’iperplasia o ipertrofia benigna della prostata non è, quindi, una malattia, ma una condizione parafisiologica. “Tuttavia, in una percentuale di casi, può determinare disturbi che interferiscono con la vita di tutti i giorni. Progressivamente la ghiandola può ostruire e chiudere il collo della vescica determinando una maggiore resistenza alla fuoriuscita dell’urina”, aggiunge l’esperto.
Con quali sintomi si presenta questo disturbo?
Il disturbo si manifesta in modo graduale. “Tutti gli uomini, con l’avanzare dell’età, sperimentano un cambiamento nel modo di urinare”, afferma l’esperto. I segni e i sintomi dell’iperplasia prostatica, che possono verificarsi da soli o in associazione, sono i seguenti:
- maggiore frequenza nell’urinare;
- difficoltà a trattenere l’urina;
- difficoltà a iniziare a urinare;
- riduzione del flusso urinario;
- blocco della minzione e conseguente incompleto svuotamento della vescica.
Quali controlli occorre fare?
Quando si manifestano uno o più di questi sintomi, che possono alterare la qualità della vita del paziente, è bene sottoporsi a una visita specialistica.
“Gli esami misurano, in base a precisi parametri clinici, il grado di ostruzione – spiega il dottore – e comprendono: una visita specialistica con l’obiettivo di valutare le dimensioni della prostata, esami diagnostici quali l’ecografia dell’apparato urinario, per escludere la presenza di calcoli o disfunzioni a carico dei reni che compromettano la funzione urinaria, l’uroflussimetria, un esame non invasivo che permette di misurare la velocità del flusso urinario”.
Quali sono i trattamenti possibili?
In base al grado di sintomatologia, si decide la terapia farmacologica che consente di rilassare la muscolatura dell’apparato urinario e favorire lo svuotamento della vescica. “Se, invece, il paziente non risponde ai farmaci – conclude il dottor Taverna – o questi smettono di funzionare, si valuta attentamente la qualità della vita del paziente e si può prendere in considerazione l’opzione chirurgica”.
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